Sanremo quarta serata, si cambia tutto. Non le canzoni, non i cantanti, non il sistema di voto, ma… la prospettiva. Sì, perché stasera riascolteremo tutti i brani in gara, ma eseguiti con qualcosa in più, anzi, con qualcuno in più. Ogni artista ha infatti invitato uno o più “ospiti” che lo aiuteranno ad eseguire il brano in modo diverso, aggiungendo ulteriori elementi e uno sguardo diverso sulla canzone.
Stavolta la serata si apre con Baglioni che canta “Acqua dalla luna” in mezzo a un balletto a metà fra il circense e il fantascientifico. All’entrata di Virginia Raffaele e Claudio Bisio viene spiegato nuovamente il regolamento, si procede a comunicare i numeri del televoto e inizia la gara.
I primi sono Federica Carta e Shade con Cristina D’Avena. “Senza farlo apposta” assume un’atmosfera ancora più fiabesca e disneyana con la voce di Cristina, che si presenta con un vestito da principessa moderna e un cappello a tesa in testa. Grande entusiasmo da parte della sala stampa, si sa che Cristina è amatissima.
Motta sceglie un duetto toscano con Nada. Ottima scelta, vista l’impostazione cantautorale della nostra ottima Signora Malanima. La voce leggermente rauca di Nada aggiunge grinta e mordente a “Dov’è l’Italia”, rendendola ancora più interessante.
Irama canta la sua “La ragazza col cuore di latta” insieme a Noemi. Il parlato quasi rabbioso di Irama si incrocia con quello malinconico di Noemi, trasformando la canzone da cronaca a dialogo, coronato dal coro gospel che completa il tutto.
Non fa in tempo a finire la pubblicità prima che arrivi l’unico superospite di stasera, Ligabue che canta “Luci d’America”. Seguono alcune gag con Claudio Bisio, prima dell’esecuzione di “Urlando contro il cielo”. Infine, lui e Claudio Baglioni cantano insieme “Dio è morto” dedicandola a Francesco Guccini.
Si torna alla gara. Patty Pravo e Briga hanno chiamato Giovanni Caccamo, che li accompagna al pianoforte. Briga inizia “Un po’ come la vita” da solo, poi, con una pausa, arriva Patty, lo saluta e attacca il suo pezzo. Infine, Caccamo si unisce al canto. Un buon accordo di voci per questo brano comunque molto suggestivo.
Una folla per i Negrita: Enrico Ruggeri e Roy Paci si aggiungono al gruppo per “I ragazzi stanno bene”. Paci sottolinea l’inizio con la tromba, mentre la voce particolare di Ruggeri graffia quella di Pau e colora di acido la seconda strofa. Notevole.
Il Volo ha scelto il violinista Alessandro Quarta, che somiglia più a un biker che a uno strumentista classico. Il suo intro scopre subito la sua intenzione: rendere più “rock” il suono del violiino e quello di “Musica che resta”. In qualche modo, però, pur essendo spettacolare, non riesce ad amalgamarsi veramente con il brano. L’interpretazione dei ragazzi è comunque al massimo.
Dopo l’evitabile gag su “Giochi proibiti” (ma Baglioni e la Raffaele dovevano proprio distruggere i nostri ricordi di gioventù?), e l’intervento di Anna Foglietta, entrano Arisa, Tony Hadley e i Kataklò. La coreografia aumenta l’effetto musical, dando alla canzone la sua giusta dimensione. Quando arriva Tony, la sua voce la trasforma immediatamente in un brano dance anni 80. Sorprendente.
Ecco Mahmood, che per la sua apprezzatissima “Soldi” ha scelto Guè Pequeno. L’intervento di un rapper non aggiunge molto al brano, è solo un modo di impreziosirlo e “completarlo”. Comunque gradevole e adeguato.
Passiamo a Ghemon con Diodato e i Calibro 35. L’arriangiamento di “Rose viola” è molto più “lounge”, e la voce di Diodato sembra adattarsi al brano più di quella di Ghemon, che nella seconda strofa si dedica al rap, per poi riprendere il canto per duettare con Diodato.
Francesco Renga, Bungaro, Eleonora Abbagnato e Friedmann Vogel: una riunione sul palco. Le voci si amalgamano perfettamente in “Aspetto che torni”, l’arrangiamento non è cambiato e l’unica variazione è il balletto, che però, per quanto eccelso, ci sembra non aggiunga niente alla canzone.
Per “I tuoi particolari” Ultimo ha chiamato Fabrizio Moro. Ultimo al piano, Fabrizio alla chitarra, a graffiare il brano con la sua caratteristica voce. Molto cuore in questa interpretazione.
Dopo la pubblicità e un monologo di Bisio sul mestiere di padre, seguito da rap e canto di Anastasio, entrano Nek e Neri Marcorè per “Mi farò trovare pronto”. Suggestivo il dialogo fra canto e recitazione, su di una base molto più soft. Il rock è sparito per fare posto al sogno, e il brano non ne perde.
Un’altra folla sul palco: i Boomdash con Rocco Hunt e i Musici Cantori di Milano. Il rap di Rocco Hunt non aggiunge proprio niente a “Per un milione”, e nemmeno il coro si fa sentire più di tanto. Ma il brano funziona da solo.
Sicuramente lo stile di Brunori Sas è quello più adatto agli Zen Circus e a “L’amore è una dittatura”. La voce di Dario Brunori è più aspra rispetto a quella del cantante, e rende più originale il brano. Grande potenza.
Altro duetto cantante/attore: Paola Turci con Beppe Fiorello. Lui però canta, non recita. Non ci sono sostanziali variazioni nell’arrangiamento, solo una bella combinazione di voci, che non è poco.
Anna Tatangelo si fa affiancare dalla sua vecchia amica Syria per “Le nostre anime di notte”. Anche in questo caso, le voci sono in grande armonia, ma non si aggiunge nulla al brano, se non una vaga aria sognante al posto dell’esplosione del ritornello.
Gli Ex-Otago hanno scelto Jack Savoretti. In fondo, è “Solo una canzone”, ma bisogna dire che il cambio di lingua e di vocalità di Savoretti la trasforma completamente. Non male questa variazione.
Enrico Nigiotti si presenta con Paolo Jannacci e il disegnatore su sabbia Massimo Ottoni. Noi eurovisivi conosciamo già il numero, ma qui impressionerebbe ancora, se non fosse che a metà canzone ce ne dimentichiamo, tanto poco viene mostrato. Ma l’interpretazione intenza di Nigiotti è sufficiente.
Loredana Bertè e Irene Grandi: un mix che promette scintille, ma Irene non arriva certo ai picchi graffianti della voce di Loredana. Aggiunge comunque classe alla strofa di “Cosa ti aspetti da me”, mentre nel ritornello l’esplosione della Bertè è sicuramente più efficace.
Daniele Silvestri e Rancore collaborano con Manuel Agnelli. La parte di Agnelli, gridata pià che cantata, nel centro, è l’unica variazione ad “Argentovivo”. Ne fa quasi un brano da opera rock. Completamente fuori classifica.
Einar canta con Biondo e Sergio Sylvestre. Anche qui il cambiamento è solo di vocalità: l’aggiunta di una voce soul e di un rap vagamente “metallico”. Non male, ma non ci si discosta molto dalla base di “Parole nuove”.
Duetto molto atteso, Simone Cristicchi ed Ermal Meta. “Abbi cura di me” guadagna in leggerezza e dolcezza con la voce malinconica di Ermal, che la rende più delicata e accorata.
Da un duetto sorprendente a un quartetto ancora più sorprendente: Nino D’Angelo e Livio Cori con i Sottotono. Il brano, rappeggiato, è davvero originale, e perfino Nino D’Angelo si fa trascinare. Come vedere una canzone sotto… “Un’altra luce”.
Chiudono la gara Achille Lauro con Boss Doms e Morgan. Morgan, come al solito splendidamente fuori controllo, suona la chitarra seduto al piano, poi aggiunge ritmo, vita e mordente a un brano come “Rolls Royce” che, comunque, ne ha già a palate.
E ora, la parola alla giuria: il vincitore della serata dei duetti, primo riconoscimento di questo Sanremo 2019, è Motta con Nada!