E’ uscito lo scorso 14 Febbraio: giusto in tempo per innamorarsene. E’ disponibile in CD, download digitale, streaming e, secondo una “nuova vecchia abitudine”, in vinile. E’ “Che vita meravigliosa”, il quarto album in studio di Diodato, un vero e proprio must, imprescindibile per gli eurofans ma altamente consigliato a chiunque ami la buona musica.
Se pensate che siamo qui a parlarvi di questo disco solo perché Diodato è il vincitore del Festival di Sanremo e, di conseguenza, il nostro rappresentante al prossimo Eurovision Song Contest (cose che, del resto, non succedono certo per caso), avete sbagliato strada. Diodato è soprattutto una delle realtà cantautorali più importanti e interessanti del panorama italiano attuale, con una lunga gavetta alle spalle, oltre ad alcuni successi da mainstream (si ricordi “Adesso”, la sua partecipazione a Sanremo 2018 in coppia con Roy Paci). Questo album, tutto meno che monocorde, è un miscuglio di generi e di influenze di vario tipo, che Diodato riunisce, armonizza e sintetizza in un proprio stile; ma è anche e principalmente un disco che esprime una fortissima carica di positività, una visione del mondo orientata alla speranza e alla voglia di fare piuttosto che di subire gli eventi, uno slancio sincero nella semplicità della sua passione. Raramente, in questo album, si trovano note malinconiche, e, quand’anche, è una malinconia stemperata nella speranza e nell’entusiasmo di chi sa che ogni fine coincide, sempre e comunque, con un nuovo inizio.
Ascoltiamolo brano per brano, cercando di farne una semplice analisi ma anche lasciandoci trascinare dalle emozioni che vuole trasmetterci.
CHE VITA MERAVIGLIOSA: La title track è anche il brano di punta dell’album, forse ancor più della sanremese “Fai rumore”: tutti, ormai, l’apprezziamo e la conosciamo come colonna sonora de “La dea Fortuna” (ricordiamo che è anche in lizza per il David di Donatello). Con il suo intro anni Sessanta e il ritmo quasi da bossanova che aumenta nel ritornello, la canzone è un’onda di rilassato ottimismo, un canto d’amore verso la vita alla quale viene riservata la dichiarazione più bella: “E non vorrei mai lasciarti finire”.
FINO A FARCI SCOMPARIRE: E’ un brano dalla strofa quasi sommessa, che ci conduce scorrevole verso un ritornello che apre alla speranza e alla gioia. Il tema dell’amore finito, come vedremo, ricorre in questo album in tutte le sue declinazioni: in questo caso se ne parla come di un qualcosa che fa parte dell’esperienza della vita, e che può portare anche qualcosa di bello. Quantomeno i ricordi.
LA LASCIO A VOI QUESTA DOMENICA: Il contrasto fra musica allegra e ritmata e tema cupo e doloroso fa molto Baustelle, mentre la vocalità e la melodia ricordano molto lo stile di Brunori Sas. Il brano, però, come lo stesso Diodato ci ha raccontato in conferenza stampa a Sanremo, nasce da un episodio vissuto in prima persona, dal quale è scaturita una riflessione, amara ma anche un poco rabbiosa, sulla chiusura e sull’egoismo dell’essere umano.
FAI RUMORE: Appena certificata Disco D’Oro, è la canzone di Sanremo e sarà quella di Rotterdam. Non c’è vera malinconia neppure nell’ossessione che segue la fine di un amore: l’esplosione del ritornello è piuttosto passione, quasi gioia, accettazione di ciò che fa male, desiderio di non far svanire il bello che c’è stato. Ma ricordiamoci che il titolo, fuori dal contesto, è anche un’esortazione a far sentire la propria voce, a lottare per i propri ideali e per una giusta causa.
ALVEARI: Andamento e arrangiamento anni Ottanta, questo brano riecheggia vagamente successi come “Enola Gay” degli Orchestral Manoeuvres in the Dark. La differenza è la vocalità, che qui è sussurrata, quasi soffiata, suadente, affascinante. Il tema ricorda “Le luci nelle case degli altri” di Chiara Gamberale, l’osservazione dall’esterno della vita che pulsa nei casamenti, nei condomini, silenziosa e rumorosa allo stesso tempo, con le sue piccole vittorie e le sue grandi sconfitte. Ma “Cadere non è inutile, cadere è ritrovarsi, ricordarsi di nuovo dell’essenziale invisibile”.
CIAO, CI VEDIAMO: Anche qui troviamo echi anni Ottanta: la strofa è un midtempo ballabile, mentre il ritornello diventa quasi un sincopato. Si tratta di nuovo di un amore che finisce, ma stavolta con un’alzata di spalle: troppo diversi, non ci troviamo, si vede che doveva andare così. Senza rancore.
NON TI AMO PIU’: Qui, invece, siamo in pieni anni Sessanta, con un twist che parte moderato e si scatena nel ritornello, in un grido liberatorio e gioioso: perché, siamo onesti, la fine di un rapporto, in quanto tale, rappresenta anche una liberazione, al di là della paura di ferire l’altro e dei sensi di colpa. Molto Sixties anche il parlato centrale, che funge da piccola “pausa” senza comunque spezzare il ritmo trascinante della canzone.
SOLO: La vera ballad del disco, nel più classico stile cantautorale, dolce e sussurrata, ben sottolineata dagli inserti di pianoforte. Non si parla di una solitudine sentimentale, o almeno non solo, ma in senso lato. Anche qui, comunque, c’è poca concessione alla malinconia: piuttosto, sempre un’apertura alla speranza, suggerita, ancora più che dalle parole, dalla melodia che sembra aprirsi verso il futuro.
IL COMMERCIANTE: Vi sembra curioso scrivere una canzone per descrivere un uomo semplice, innamorato del suo modesto lavoro? Diodato lo fa, inserendo la sua storia in un andamento da marcia sottolineato dalla tromba, che si scioglie nel ritornello. Un brano curioso ma anche pieno di stupore e di gratitudine. Se questo è il risultato quando il nostro Antonio incontra una persona normale… Lo aspetto a Rotterdam sperando che abbia qualcosa da dire anche su di me!
E ALLORA FACCIO COSI’: Molto anni Sessanta anche questa canzone, che descrive la voglia di riscatto e di fuga, l’averne abbastanza delle aspettative degli altri: il protagonista se ne stacca con allegria, ritmo e decisione, puntando dritto verso un domani migliore, “un finale diverso”. Ma non si lascia proprio tutto alle spalle: “Tu se vuoi puoi venire con me…”
QUELLO CHE MI MANCA DI TE: Un dolce valzer lento, con andamento da carillon, cantato con delicatezza, intriso di rimpianto ma senza mai abbandonare il sorriso. L’amore, ci dice, lascia sempre bei ricordi: e neppure nel rievocarli Diodato si abbandona alla tristezza. La conclusione è una “coda” orchestrale che sottolinea anche la fine dell’album.
E dopo questo risveglio emozionale, dopo questa intensità di vissuto e di speranze, dopo questa iniezione di energia, ci troviamo tentati di ricominciare l’ascolto da capo. E perché no? La strada per Rotterdam è lunga, abbiamo tempo di impararci il disco a memoria!