Avrebbe dovuto essere la sera più bella dell’anno, la sera della finale dell’Eurovision Song Contest, e ciascuno di noi avrebbe dovuto festeggiarla a modo suo, davanti a uno schermo televisivo, in mezzo alla folla in arena o davanti a un PC in sala stampa. Invece, il virus ha guastato la festa… ma non ha cancellato la nostra voglia di musica, canzoni e unità. E quindi davanti alla TV ci siamo tutti, per seguire questa serata alternativa e di celebrazione della musica. Siamo solo all’anteprima e già ci è scivolata la lacrima davanti alle immagini di Diodato e alla sua voce. Prepariamo i kleenex, perché da qui alla fine ci sarà da commuoversi parecchio, ma anche da cantare e ballare, perché la musica, dopotutto, va oltre la sfortuna, le disgrazie e anche oltre al periodo terribile che stiamo passando.
Già adesso ci troviamo a sorridere davanti alle immagini di Tel Aviv e al collegamento con Mahmood, che giustamente ricorda i fans a Tel Aviv che cantavano la sua canzone, e la gita sul Mar Morto dove si è fatto ricoprire di fango.
Dopo il suo intervento, ci viene regalata la performance integrale di Diodato all’Arena di Verona. I brividi che ci attraversano ci fanno pensare che, con tutta probabilità, quest’anno sarebbe stato davvero il nostro. Le vibrazioni che Diodato trasmette vanno al di là della scena, dei costumi, della comprensione del testo e di tutto il resto.
Ma ecco che inizia lo spettacolo ufficale, con una carrellata di immagini in bianco e nero delle capitali europee. I tre presentatori, rispettando il distanziamento regolamentare, introducono la serata e ricordano subito Domenico Modugno, la cui “Nel blu dipinto di blu” è ancora oggi la canzone eurovisiva di maggior successo. Poi Johnny Logan, con le sue due vittorie da cantante più una da autore. La sua “What’s another year”, che interpreta insieme ai presentatori, è la canzone giusta per il momento.
Si inizia a presentare i Paesi che avrebbero dovuto essere in gara: Israele, Norvegia, Russia, Georgia, Francia, Azerbaijan, Portogallo, Lituania, Svezia. Alcuni secondi di canzone e alcuni secondi per un saluto e un pensiero. Sinceramente, queste presentazioni ci sembrano esageratamente corte e affrettate, e ci chiediamo che cosa possa capire delle canzoni chi le ascolta per la prima volta. OK, non c’è gara, ma un poco più di spazio a ciascun cantante non avrebbe davvero guastato.
Maggior spazio viene concesso agli ospiti, come Mans Zelmerlow che canta una versione acustica di “Heroes”. Si salta poi al Junior Eurovision Song Contest 2019, e rivediamo qualche secondo di Marta Viola, oltre a collegarci con la vincitrice Vikki Gabor. Vikki ci fa sorridere perché ci dà speranza per il Junior Eurovision Song Contest in Polonia a Novembre, presentandone perfino il logo e lo slogan: “Move the world”. E noi abbiamo fiducia! Andiamo poi a Gerusalemme con Gali Atari e la sua nuova versione di “Hallelujah”. Qui sono davvero sorrisi e lacrime per noi…
Ma adesso è il momento Diodato! Incredibile questo trattamento di riguardo che ci viene riservato, non sappiamo se sia solo perché siamo il Paese più colpito dalla pandemia, ma è certo che tutta questa attenzione per Diodato ci riempie solo di gioia. Finora è l’unico partecipante a essere intervistato, viene mostrato qualche secondo dei video dai balconi, e canta in acustico una sua personale versione di “Nel blu dipinto di blu”. Che dire?
Ci trasferiamo poi a Kiev e ci colleghiamo con Francesco Gabbani che parla della sua esperienza al festival che “è venti volte Sanremo” e ricorda il suo abbraccio con Salvador Sobral all’aeroporto prima di tornare in Italia. Da Kiev a Lisbona, con Ermal Meta e Fabrizio Moro, che ci hanno fatto rivivere i brividi di quella sera. E da lì a Stoccolma con Francesca Michielin.
E si procede con la presentazione dei cantanti “in gara”: Lettonia, Belgio, UK, Bielorussia, Finlandia, Macedonia del Nord, Svizzera, Serbia. E per restare in Serbia, è tempo per un’altra ospite: Maria Serifovic che canta “Molitva”. Dopo di lei, una versione di “Love shine a light” da parte della Filarmonica di Rotterdam. Durante la quale le capitali europee vengono mostrate illuminate.
Si ricomincia a presentare i Paesi in gara: Spagna, Albania, Irlanda, Slovenia, Austria, Bulgaria, San Marino con la nostra Senhit che conferma, a sorpresa, la sua partecipazione anche per il prossimo anno, e Islanda.
Ancora ospiti: Michael Schulte che si esibisce insieme a Ilse DeLange in una versione di “Ein Bisschen Frieden”. Sulla loro esibizione si inserisce un breve collegamento con Diodato, poi si ricomincia con la presentazione dei Paesi: Grecia, Repubblica Ceca, Polonia, Moldavia, Cipro, Romania, Croazia, Germania. Finita la carrellata, un collegamento con Netta da Israele, con un estratto della sua “Toy”, e ci presenta in anteprima “Kuckoo”. Un cambio totale di genere, un pezzo malinconico e delicato con tanto di carillon.
Ripartiamo poi nella nostra storia recente, con Raphael Gualazzi, Nina Zilli, Marco Mengoni, Emma, Il Volo con il quale c’è anche un collegamento. C’è un ulteriore collegamento con Al Bano, che ricorda, fra l’altro, la sua partecipazione come corista di Jane Bogaert, e indica “Congratulations” come la sua hit eurovisiva preferita. Poi si passa al look con Enzo Miccio, che indica Verka Serduchka come uno dei peggio vestiti di sempre. Poi ci si collega con Senhit, che se lo merita tutto, vista anche la fresca riconferma.
Rivediamo un pezzo della perfofmance e della votazione di Duncan Laurence, che esegue poi il nuovo singolo “Someone else”. Poi una carrellata di vincitori passati, Alexander Rybak, Lenny Kuhr, Sandra Kim, Anne-Marie David, Niamh Kavanagh, Ell e Nikki, e poi Sergey Lazarev (che non ha mai vinto), Dana, Helena Paparizou, Carola, Conchita Wurst.
Le ultime presentazioni: Malta, Estonia, Australia, Ucraina, Danimarca, Italia, Armenia e Paesi Bassi. Dobbiamo sottolineare che noi siamo gli unici ad avere girato una clip “ad hoc” per l’occasione, dall’Arena di Verona, e a non riproporre un filmato di repertorio. Segue un messaggio di Bjorn degli ABBA.
Al termine, viene annunciato che, secondo gli hashtag, la canzone preferita dagli spettatori è quella islandese, e più sconcertante quella russa. Poi si collegano di nuovo con Diodato e viene ripetuta la sua esibizione integrale.
Si chiude con “Love shine a light” interpretata da tutti i partecipanti, con la conclusione di Katrina: forse davvero l’idea più carina della serata, anche se non esattamente originale.
Alla fine, uno show che è riuscito a farci sentire uniti per una serata, anche con tutti i suoi limiti, primo fra tutti lo spazio troppo limitato concesso ai cantanti. Ma si gradisce il pensiero, e c’è sempre margine di miglioramento.