Domenica 29 Novembre 2020. Siamo a casa nostra, chi davanti al suo PC, chi davanti al televisore, in attesa che inizi questa edizione 2020 del Junior Eurovision Song Contest. L’allegria che dovremmo provare, però, è turbata da questa catastrofe che già da mesi si è abbattuta su gran parte del mondo, e che non ci disturbiamo neppure a nominare ulteriormente.
In questo momento, avremmo dovuto parlarvi dalla sala stampa di Varsavia, confusi nel vocìo e nell’eccitazione generale: invece, niente di tutto questo. La pur necessaria prudenza ha forzato l’organizzazione a decidere per una gara a distanza, nella quale ciascuno dei partecipanti interagirà dal proprio Paese, dal vuoto e dal freddo di uno studio televisivo che, per quanto colorato, non potrà mai restituirci la vera essenza della manifestazione.
Sappiamo che la decisione è stata inevitabile, tuttavia non possiamo esimerci da un sospiro di malinconia e dalla speranza che, il prossimo anno, tutto sia tornato alla normalità. Qualcuno, forse, potrà obiettare che, dopotutto, una modalità come quella scelta non cambia gran che nello svolgimento della gara. Forse; ma sicuramente chi lo sostiene non ha mai partecipato alla manifestazione dal vivo. I sorrisi che i giovani e giovanissimi partecipanti ci regaleranno dagli schermi non potranno mai competere con quelli che, negli anni passati, ci hanno regalato dal vivo, né con la loro gioia, le loro corse, le loro risate, gli abbracci affettuosi. Perché il Junior Eurovision Song Contest non è solo “la solita gara di bambini che cantano”: è qualcosa di più. E’ festa, scoperta, apertura mentale, per i ragazzi come per gli adulti, spesso catapultati in luoghi lontani dai soliti circuiti turistici, che, se non stimolati dalla manifestazione, non avrebbero mai preso in considerazione, in mezzo a persone e abitudini che, proprio perché lontane da noi, possono portare una ricchezza che poche altre esperienze procurano.
Detto questo, e con un grande “in bocca al lupo” a tutti i partecipanti, seguiamo insieme questa edizione del Junior Eurovision Song Contest.
Ecco, sta iniziando: le bellissime immagini notturne ci portano a svegliare Vicky Gabor e a seguire la sua passeggiata mattutina per le strade del suo Paese. Riconosciamo la splendida piazza di Cracovia che, lo scorso anno, ci ha meravigliati, ma subito veniamo catapultati sul palco dove Vicky intepreta nuovamente per noi la sua “Superhero”, in una coreografia certamente più “adulta” (e bisogna dirlo, è davvero cresciuta molto in questo anno) e circondata da un buon numero di bravi ballerini. Dovuto omaggio alla vincitrice in carica (anche se ancora per poco).
Molto suggestivo il balletto introduttivo, con i ragazzi completamente vestiti di bianco a interagire con sfere luminose. Fra un passo di danza e l’altro, vengono presentati i partecipanti di quest’anno, mentre le sfere prendono i colori delle bandiere: Bielorussia, Francia, Georgia, Germania, Kazakistan, Malta, Polonia, Russia, Serbia, Spagna, Paesi Bassi e Ucraina. Ovviamente, presentazioni preregistrate. Malgrado questo, è un vero peccato che l’Italia non ci sia, ma siamo, ahinoi, in un anno particolare.
Sullo sfondo dello slogan “Move the world”, Vicky presenta poi i presentatori: Ida Nowakowska, Rafał Brzozowski e Małgorzata Tomaszewska. Un saluto ai video collegati con i vari Paesi partecipanti, una sommaria spiegazione del sistema di votazione, e si comincia.
Il primo Paese a cantare è al suo primissimo Junior Eurovision Song Contest, e si tratta della Germania. Susan, nella cartolina introduttiva, porta dei fiori a un dottore. La canzone è “Stronger with you”, e Susan la canta da sola sul palco, davanti al microfono, vestita in un’originale “mise” con gonna lunga a gale, mentre sullo sfondo vengono proiettate ombre di alberi e montagne. E’ un brano dal ritmo moderato, cantabile, pienamente nello stile che la Germania ha portato negli ultimi anni anche all’Eurovision “degli adulti”.
Karakath Bashanova rappresenta il Kazakistan con “Forever”, e nella sua cartolina porta dei fiori a un ingegnere. Sul palco la troviamo arrampicata su quella incredibile montagna di ghiacci che è il suo vestito. Una scena davvero suggestiva, che ci proietta in un film di fantascienza o in un fantasy. Il brano è lento, molto dolce, cantabile ma non troppo classico. Improvvisamente, dal vestito spuntano due ali d’angelo che sfidano la pioggia. Che altro si vuole per sognare?
Ed ecco le Unity per i Paesi Bassi, che spesso e volentieri hanno presentato gruppi vocali, non solo al Junior Eurovision Song Contest. Le ragazze omaggiano un’autista di autobus. Cantano “Best friends”, e non ci potrebbe essere brano più adatto. Uscendo da quattro porte degli stessi colori dei loro vestiti, con le allegre casette olandesi e tante nuvole proiettate sullo sfondo, ci mettono subito allegria. Una facile e simpatica canzoncina da ragazzine, come sono loro.
Green room virtuale, conversazioni virtuali, green room virtuale: tutto avviene da remoto. Parliamo un poco con Germania e Paesi Bassi, poi si continua.
Ecco la Serbia: Petar Aničić omaggia con il suo bouquet un’infermiera, prima di cantare “Heartbeat”. Seduto al pianoforte, con indosso un folle completo a righe bianche e rosse, con uno sfondo di immagini “liquide”, esegue un brano delicato, con un tono vocale leggermente malinconico, e un ritmo che simboleggia il battito del cuore. Il tutto è molto rilassante e coinvolgente.
Alina Pehtereva regala i suoi fiori a un’insegnante, prima di apprestarsi a cantare “Aliens” per la Bielorussia. Le atmosfere spaziali ci sembra che vadano per la maggiore quest’anno. Alina è vestita con una curiosa palandrana piena di scritte, e via via appaiono immagini di bambini che giocano con il mondo come se fosse una palla. Il brano è drammatico e molto ben interpretato, uno di quelli che non sfigurerebbero neppure all’ESC, e ha un inserto parlato, quasi rap. Molto emozionale.
La polacca Ala Tracz porta il suo regalo a un postino, prima di intonare “I’ll be standing”. Ala è molto più “bambina” delle due colleghe che hanno vinto prima di lei, ma la scena che le viene costruita intorno, tutta raggi di luce, panorama urbano notturno e ballerini che appaiono e scompaiono trasformandosi in profili luminosi, è notevole. Cambio di colore del vestito (da bianco a rosso, come la bandiera del Paese), street dance, tutto è curatissimo. La canzone, però, benché carina, non sembra a livello delle precedenti. Molto brava Ala, comunque.
Torniamo in Georgia con Sandra Gadelia! Sandra ha scelto di portare il suo regalo a un farmacista, e adesso intona “You are not alone”. Originale il suo look nero con fiori applicati. Circondata da quattro ballerine abbigliate come ninfe, con tanto di mascherine in tono, su di uno sfondo astratto, canta un brano etereo e non facile, che richiede una buona estensione vocale. E’ il tipo di brano che ci fa scattare il campanello di attenzione.
Malta ci presenta Chanel Monseigneur, che canta “Chasing sunsets”, non prima di avere consegnato un regalo a un commesso. Deliziosa in rosso, Chanel è sola davanti a uno sfondo da cartone animato, Chanel affronta un brano altrettanto difficile, che ci ricorda certe armonie anni Sessanta-Settanta, e lo fa con molta professionalità ed entusiasmo. Se non fosse per la giovanissima età dell’interprete, anche una canzone così sarebbe da ESC.
Sofia Feskova, dalla Russia, consegna a un pompiere un quadretto con la scritta “Move the world”. Avvolta in una nuvoletta di tulle azzurro, sullo sfondo di immagini fiabesche e nuvole, canta “My new day”, un brano che riecheggia i maggiori successi della Disney. Qui siamo in terra di fiabe, fate e principesse. Comunque cantabile e ben eseguita.
Dalla Spagna, ecco Soleá, con la sua “Palante”. Il tempo di consegnare i fiori a una poliziotta, e la vediamo sul palco, in un’originale tutina con le frange alle maniche. Il brano è molto particolare, di un genere forse mai sentito prima al JESC, qualcosa a metà fra il reggaeton e il rap. Una canzone che può essere coinvolgente ma anche non dire niente del tutto: insomma, o si ama o si odia. E a volte queste scelte così decise pagano.
Per l’Ucraina, Oleksandr Balabanov consegna un regalo a una scienziata. “Vidkryvai (Open up)” è la sua canzone, che interpreta tenendo in mano una sfera luminosa (altra moda di quest’anno). Anche questo è un brano estremamente “adulto”, un genere molto particolare che non vorremmo essere blasfemi nell’accostare ad alcuni sound anni 80. Molto ben interpretato, si stacca sicuramente dal contesto.
Ultima concorrente, Valentina dalla Francia. Un palloncino per un fornaio, e via, a cantare “J’imagine”. E’ subito un’esplosione di arcobaleni e colori sgargianti, in un contesto molto “girlie”. Un inizio un po’ rap, poi si impone la melodia, ma senza scadere mai troppo nel facile e nell’ipercantabile, e senza perdere mai quel ritmo che sembra scandito da un orologio. Molto simpatica e briosa Valentina.
E adesso, si dia il via alla votazione: ci sentiamo fra poco per il vincitore!