Grossi nomi intorno all’evento
L’Eurovision Song Contest comincia a vedere grossi nomi ruotare intorno all’evento, a volte in maniera diretta, altre volte, come in questo caso, i nomi (grossissimi) sono parte della formazione e dell’esperienza di chi, respirando arte e talento, riesce a farli suoi.
Nella scorsa edizione abbiamo già visto come un ambiente familiare propositivo hanno creato una star, seppur partendo da basi meno esplicite.
Jacqueline Boyer è invece un esempio lampante di come essere figli d’arte, respirare arte dal primo vagito, sia una caratteristica importante per chiunque voglia seguire quella strada, non perché si possa essere “raccomandati”, anzi è più vero il contrario, dato che lo spettro del confronto spesso diventa una mannaia sulla carriera di chi segue le orme dei genitori.
I genitori di Jacqueline Boyer, nata nel 1941, quindi appena diciannovenne quando vinse la sua edizione, erano Jacques Pills, pseudonimo di René Ducos, cantante di music-hall molto apprezzato in tutto il mondo, soprattutto in Francia e negli Stati Uniti, oltre che stimatissimo dai suoi colleghi, e la celeberrima (all’epoca) Lucienne Boyer, che ebbe un successo internazionale che le fece girare il mondo per molti anni.
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Jacqueline Boyer, la rivincita dei figli d’arte
Nata Éliane Ducos, sin da neonata passa la maggior parte del suo tempo nei camerini e nei teatri, seguendo i suoi genitori in tour, cominciando ad apprezzare da subito la musica e quando aveva 7 anni seguì sua madre negli Stati Uniti, dove resterà per alcuni anni, cominciando ad accompagnarla sul palcoscenico e non solo dietro le quinte.
Il suo vero debutto fu però fu a 15 anni, in Ungheria, davanti a 3 mila persone.
L’esperienza la riempì di entusiasmo e decise di prendere lezioni di canto col fine di diventare cantante come la madre, da cui prenderà il cognome che userà come pseudonimo.
A 18 anni si esibisce con Marlene Dietrich e riceve ovazioni da parte del pubblico e vivi complimenti da parte di Franck Pourcel, tra i direttori d’orchestra più noti all’epoca, che tra l’altro la accompagnerà a Londra per esibirsi e vincere l’Eurovision Song Contest.
Quando sua madre aprirà un teatro di Cabaret a Montmartre, diventano quasi quotidiane le esibizioni musicali con lei, a cui si aggiungono sketch recitati, ma soprattutto entra a tutto tondo nel mondo dello spettacolo, imparando a gestire le attività sia davanti che dietro al palco.
La matrigna Édith Piaf
Nonostante questo legame con la madre, a cui resta molto unita, va ricordato che i suoi genitori divorziano quando lei ha 9 anni e, solo due anni dopo, nella sua vita entra Édith Piaf, che diventa la sua matrigna avendo sposato Jacques Pills nel 1952.
L’occasione del matrimonio permette a Jacqueline di entrare in contatto con mostri sacri della musica e dello spettacolo, come la già citata Marlene che sarà testimone di queste nozze e che incrocerà spesso la vita della nostra giovane eroina del giorno.
Un quadro familiare allargato che ha permesso a Jacqueline di crescere in maniera serena anche con i nonni acquisiti di cui conserverà sempre un ricordo tenero e ricco di entusiasmo.
Anche se il matrimonio tra suo padre e la Piaf non va oltre i 5 anni, il legame tra le due resta fortissimo, tanto che la sua ex matrigna era sempre presente ai suoi nuovi debutti e a seguito della sua esperienza eurovisiva fu tra le prime persone a complimentarsi con la Boyer, tenendola lungamente abbracciata.
Ma non solo: Édith chiese di essere la madrina di Georgia, prima figlia che Jacqueline ebbe nei primi anni 60.
Nel 1959, ad appena 18 anni, pubblica il suo primo disco che piacque tanto ai responsabili della TV nazionale francese che la selezionarono internamente per partecipare alla quinta edizione dell’Eurovision Song Contest.
Eurovision Song Contest
“Tom Pillibi” in realtà non fu scritta appositamente per lei, e va detto che non fu la prima scelta per rappresentare la Francia in quell’occasione.
Infatti André Popp e Pierre Cour, autori del brano, rivelarono che l’interprete inizialmente designato sarebbe dovuto essere Marcel Amont, che decise all’ultimo momento di ritirarsi.
Nonostante il brano non fosse stato creato su misura per lei, Jacqueline riuscì a farlo suo fino a trionfare nel corso della serata.
Nei suoi ricordi più belli non dimentica mai di annoverare la serata della vittoria, i festeggiamenti con sua madre, il padre ed Édith Piaf, l’immensa folla di fan al rientro a Parigi, la celebrazione come fosse stata un’eroina (o magari queste sono le sue percezioni).
In quell’occasione ebbe origine una tradizione ancora oggi viva: il trofeo della vittoria all’Eurovision venne consegnato dal campione in carica che cede così, virtualmente, lo scettro.
Un vero successo commerciale
Il brano fu il primo vincitore ad ottenere un vero successo commerciale, anche nei mesi successivi, toccando le posizioni più alte in Germania, Regno Unito o Svezia, oltre due mesi dopo rispetto alla vittoria.
Un vero successo, possiamo dire incontrastato, che porta echi ancora oggi, dopo oltre 60 anni, e che fu un vero trampolino di lancio per la carriera, poi costellata di successi, di Jacqueline Boyer.
Prima di continuare con la narrazione dedicata a lei, facciamo un piccolo passo indietro e restiamo in ambito eurovisivo.
Abbiamo già detto che suo padre è stato uno dei più acclamati interpreti di music-hall del tempo e fu selezionato dal Principato di Monaco per rappresentarlo per il debutto che avvenne a Cannes nel 1959.
Al contrario del successo ottenuto da Jacqueline, che con i suoi 18 anni e 341 giorni fu la più giovane vincitrice, fino al trionfo di Gigliola Cinquetti, Jacques Pills arrivò ultimo.
Tornando invece a “Tom Pillibi”, ricordiamo che fu un vero successo e, cavalcando l’onda del successo del brano, e per accrescere ancor più la fama ottenuta su quei mercati, decide di incidere anche una versione in inglese e in tedesco, mentre numerosissime sono le versioni in altre lingua ad opera di altre interpreti.
Quella all’Eurovision non fu la sua unica vittoria nel 1960.
Festival du Coq d’Or
Infatti vince un altro importante festival Francese, il Festival du Coq d’Or, si esibisce regolarmente in coppia con Charles Aznavour che la vorrà, in seguito, anche all’Olympia, inizia un tour statunitense, diventando una delle ospiti predilette in alcune trasmissioni televisive, tra cui ricordiamo i nomi più importanti che la ospiteranno, come Pat Boone, Perry Como o Ed Sullivan.
Inoltre partecipa al suo primo lungometraggio, che le aprirà le porte di un altro e nuovo mondo, per quanto il film fosse una sorta di musicarello in cui divise la scena con molte altre star dell’epoca.
Tale fu il successo che ottenne in Germania che, a partire dal 1960, diede vita a due carriere parallele: una in Francia e in francese, un’altra in Germania in tedesco, pubblicando album per entrambi i mercati, esibendosi in numerosi concerti, spettacoli e serate di gala, apparendo regolarmente in televisione, in entrambi i Paesi.
Nel 1960 sposa François Lubiana
Sempre nel 1960, che diventa quindi l’anno della vita, sposa François Lubiana, anche lui musicista e cantante, da cui ebbe la figlia già citata prima.
Il suo successo cresce ogni giorno di più, e nel 1963 ottiene anche varie Top10 in giro per il mondo, come in Giappone, da sempre innamorato della musica europea.
Nel frattempo numerose sono le tournée in Europa e negli Stati Uniti, al fianco di nomi importanti come il già citato Aznavour o Jacques Brel, Georges Brassens o Tino Rossi che, seppur magari il nome dica poco, è l’interprete del brano che ancor oggi risulta il più venduto della storia della musica francese.
Nel 1966 un grave incidente stradale, mentre viaggiava con suo marito, la portano a dover interrompere temporaneamente la carriera.
La tiene in stand-by per tre anni pieni e, nel frattempo, sente sempre più che la responsabilità di ciò che vive sia stata del marito, tanto da arrivare al divorzio nel 1968.
La roue tourne
Grazie all’associazione “La roue tourne” (che omaggerà in un singolo del 2004 con lo stesso titolo), che aiuta artisti bisognosi a causa di problemi di salute, riesce a riprendere la sua carriera e, dopo averci lavorato durante il 1969, pubblica il nuovo album nel 1970, andando nuovamente in tour.
Purtroppo però va detto che la lunga pausa le fa perdere buona parte del suo pubblico tedesco, per quanto l’affetto di chi la segue in lingua francese resti immutato.
Proprio a conferma di ciò arriva la proposta di esibirsi all’Olympia con Charles Trenet e torna l’occasione di accompagnare Charles Aznavour in tour mondiale che le fanno fare tappa anche in Giappone e negli Stati Uniti.
Il legame che la univa sia al padre che alla madre, non ebbe mai flessioni e tanto soffrì per la perdita di suo padre, tanto fu felice di organizzare e accompagnare sua madre in una serata in suo onore, all’Olympia, nel 1976, in occasione dei 50 anni di carriera.
I tour all’estero e il contatto con altri modi di dar vita all’esperienza live, la ispirarono verso una “americanizzazione” dei suoi spettacoli e ad una rivoluzione nella sua carriera.
Decide così, nel 1979, di trasferirsi a New York, di chiudere in soffitta l’esperienza come Jacqueline Boyer e dare vita ad un nuovo progetto musicale.
Nasce Barbara Benton
Cambia look, sceglie un nuovo pseudonimo e come Barbara Benton, si esibisce in inglese, con un team di lavoro anglosassone. Prima le ospitate in TV, poi l’album e il tour americano, senza però ottenere il successo che sperava.
Inoltre la perdita di sua madre nel 1983 non la fa focalizzare al meglio su questo obiettivo e, nel 1988, chiude il progetto per tornare al nome che le aveva dato il grande successo e riprende, come Jacqueline Boyer, ad esibirsi in Francia con molta assiduità.
Il ritorno al suo vecchio alter ego è l’occasione giusta per farle calcare ancora i palcoscenici, con spettacoli, ma anche la pubblicazione di album, dedicati a sua madre, suo padre e alla madre acquisita, seppur per poco tempo, Édith Piaf.
La figura della Piaf resta importante ancora oggi nella sua vita, non solo perché la porta in giro in spettacoli dedicati a lei, ma anche perché viene eletta come membro d’onore dell’associazione culturale a lei dedicata.
Questi spettacoli ottengono un buon successo prima in Canada e poi in Francia e, nonostante sia tornata a pubblicare album di inediti, è il modo migliore, per lei, per abbracciare il pubblico e dedicarsi alla sua arte.
Due album di inediti
Tra il 2008 e il 2010, ad esempio, ha pubblicato due album di inediti e una compilation di successi, ma il suo ultimo vero abbraccio al pubblico è stato il recital che ha dedicato a sua madre nel 2005, a cui fa seguito l’omaggio, insieme ad altre celeberrime personalità, ad Édith Piaf nel 2013.
Abbiamo già detto che tra i suoi amori c’era anche la recitazione, tanto che prende parte ad una decina di lungometraggi, ma è la carriera musicale quella più importante.
Ventidue album, di cui uno con lo pseudonimo di Barbara Benton, e alcuni tributo delle tre figure più importanti per lei, una cinquantina di singoli che l’hanno vista quasi sempre in classifica e in televisione a promuovere il suo lavoro, decine di tour mondiali.
La più longeva vincitrice
Ad oggi è la più longeva (dalla vittoria, non per età) vincitrice eurovisiva ancora in vita, a 63 anni dalla sua incoronazione, con i suoi 82 anni, adesso vissuti in compagnia della famiglia.
Recentemente ha ricordato la sua vittoria e, diversamente da quanto dichiarato da Teddy Scholten che non riusciva a spiegarsi perché in tutta la sua carriera fossero ricordati principalmente i tre minuti di Cannes, diede il giusto merito a quella esibizione, a quella vittoria.
“Ho girato il mondo, ho avuto un’intera carriera, tutto grazie ad una sola canzone”.
E diamo inizio anche noi a questo giro del mondo, riascoltandola: