Udo Jürgens il trionfoUn uomo d’esperienza

Dopo due vincitrici adolescenti, che hanno avuto la meglio su nomi decisamente più blasonati, torna a trionfare un uomo d’esperienza, già molto noto per il pubblico di lingua tedesca e che bazzicava gli altri mercati ben prima di partecipare all’Eurovision Song Contest, per ben tre volte consecutive.

In comune con le precedenti vincitrici ha però una famiglia che lo supporta, una famiglia con importanti elementi di spicco sia in ambito artistico che sociale, da cui ha potuto apprendere e prendere molto.

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Jürgen Udo Bockelmann

Parliamo di Udo Jürgens, nato Jürgen Udo Bockelmann ma che poi ha ufficializzato il proprio nome d’arte modificandolo legalmente.

Prima di parlare di lui credo sia doveroso fare un accenno alla sua famiglia, giusto per inquadrare il contesto familiare in cui è cresciuto e si è formato.

I suoi genitori, entrambi tedeschi, erano membri di due delle famiglie più in vista dell’intero Impero Tedesco.

Sua madre Käthe Arp, proviene da una famiglia di industriali e suo cugino era uno dei più importanti artisti dadaisti, Hans “Jean” Arp.

Famiglia che, per quanto intrisa di pragmatismo, coltiva fermamente l’arte, tanto da contare tra i membri numerosi musicisti e artisti, per quanto di livello più moderato.

Suo padre Rudolf era invece parte di un’importante famiglia di banchieri, che aveva interessi in tutta Europa.

Suo nonno Heinrich fu uno degli ultimi banchieri tedeschi in Russia.

Deportato sul versante orientale degli Urali dopo che la Germania dichiarò guerra all’impero Sovietico, riuscì a fuggire in Svezia con tutta la sua famiglia per tutta la durata della prima guerra mondiale, prima di trasferirsi in Carinzia, regione dell’Austria, subito dopo la fine della stessa.

Gli zii paterni di Udo sono tutti importanti figure nella vita politica e sociale tedesca, tra industriali petroliferi e politici di rilevanza nazionale.

Suo padre stesso è stato un importante imprenditore e politico locale con ruoli rilevanti per oltre un ventennio, mentre uno dei suoi due fratelli è diventato fotografo e artista visivo di fama internazionale.

È evidente come il peso della famiglia abbia potuto influenzare l’infanzia e le prima esperienze di Udo, nato nel 1934 e cresciuto con i suoi due fratelli John e Manfred nell’antico castello di Ottmanach, donato a suo padre dal nonno e tra più antichi di tutta l’Austria, menzionato già come edificio (per quanto poi ampliato e rimaneggiato successivamente) nel 980.

Inizio da autodidatta

In questo ambiente Udo inizia a dedicarsi al pianoforte già nella prima infanzia, chiudendosi nella sala della musica da solo e cominciando a battere sui tasti fino ad imparare da autodidatta, prima che suo padre si accorgesse del talento del piccolo facendolo iscrivere ad una scuola musicale prima e al conservatorio poi, dove acquisì tecnica e una formazione sistematica.

Dopo l’annessione dell’Austria alla Germania fu costretto ad unirsi alla Gioventù Hitleriana dove subì gravi atti di bullismo a causa della sua corporatura gracile e tra questi menziona, nella sua autobiografia di cui parleremo dopo, uno schiaffo ricevuto da un capogruppo, talmente forte da fargli perdere parzialmente l’udito dall’orecchio sinistro, portandolo a lasciare, giustificatamente, il gruppo giovanile di ispirazione nazista.

Lascia la scuola, come fece anche France Gall, prima di diplomarsi, per specializzarsi come musicista prima al conservatorio della Carinzia e poi a Salisburgo.

Gli esordi in pubblico

Mentre era ancora studente al conservatorio, comincia ad esibirsi per 5 scellini all’ora nel Café Lerch, di proprietà di Ernst Lerch, criminale nazista corresponsabile di atroci crimini di guerra durante la seconda guerra mondiale, come esponente delle SS.

Per esibirsi lì e acquisire le sue prime esperienze davanti ad un pubblico, decise di darsi un nome d’arte (Udo Bolán) e di farsi accompagnare da due compagni di studia alla batteria e al basso, esibendosi principalmente con un repertorio jazz e swing e, all’occorrenza, folk.

A sedici anni compiuti si iscrive ad un concorso radiofonico della ORF, il più giovane tra i 300 candidati, e dopo qualche mese, ormai nel 1951, vince grazie alla canzone “Je t’aime”.

Le prime incisioni

Grazie a questa prima incursione nel mondo della musica da professionista, riesce ad incidere i primi brani e nel 1957 appare per la prima volta in classifica sia in Austria che in Germania, anche se il primo vero successo arriva nel 1959, a quasi 25 anni, con Jenny, poi reinterpretato da Lale Andersen che ne fece un successo internazionale.

Tra la fine degli anni 50 e i primi anni 60 è molto attivo come autore e compositore, contribuendo a rafforzare la notorietà di nomi come Shirley Bassey, venendo particolarmente sostenuto come compositore, ottenendo parallelamente altri successi, come la vittoria al festival di Knokke.

Eurovision 1964

Nel 1964, anno della vittoria della nostra Gigliola Cinquetti, viene selezionato per rappresentare l’Austria a Copenaghen, arrivando sesto con “Warum nu, warum?”, che fu tradotta anche in italiano (testo di Franco Migliacci, intitolata “Peccato che sia finita così”, interpretata da lui stesso) ed ebbe un grande successo grazie alle versione che ne fece Matt Monro, dal titolo “Walk Away”, dopo averne apprezzato la composizione musicale, portandola in Top5 nel Regno Unito e in top20 in USA.


Anche la versione originale in tedesco ha un buon successo, arrivando primo sia in Germania e Austria, che in Francia.

In questo stesso anno compone per Frank Sinatra, che però cede il brano “If I never sing another song” a Sammy Davis Jr. poiché ha temporaneamente sospeso la produzione musicale.

Eurovision e Sanremo 1965

Nel 1965 vediamo Udo partecipare al festival di Sanremo, in coppia con Ornella Vanoni, interpretando “Abbracciami forte”, ottenendo un ottimo riscontro, prima di rivederlo sul palco dell’Eurovision Song Contest a Napoli, con “Sag ihr ich lass sie grüssen”, questa volta salendo al quarto posto.

Anche in quest’annata ottiene un successo maggiore con un altro brano, “Siebzehn jahr, blondes haar”, che raggiunge i vertici in Germania e Austria e che sarà di ispirazione per un film, omonimo, in cui appare interpretando anche qualche brano, tra cui “Merci, Cherie” con cui l’anno successivo vinse l’Eurovision Song Contest.

Eurovision 1966

Infatti nel 1966 torna ancora una volta in gara, la terza consecutiva, ottenendo il lancio definitivo sul mercato internazionale, all’Eurovision, questa volta a Lussemburgo, vendendo oltre un milione e mezzo di copie nella versione da lui interpretata, registrando il brano in altre versioni, tra cui una in italiano, lingua con cui ha dato vita ad una discreta carriera alternativa.

Come per tutti i sue brani, numerose sono anche le reinterpretazioni da parte di artisti internazionali, che contribuiscono al suo successo mondiale.

I suoi successi sono costanti e continui, anche grazie al fatto che spesso viene scelto per comporre i brani promozionali di trasmissioni televisive, eventi istituzionali o colonne sonore.

Sanremo 1968

Nel 1968 torna anche a Sanremo, in coppia con Iva Zanicchi, vincitrice in carica, col brano “Per vivere”, che ottenne un successo minore rispetto alla precedente partecipazione sanremese.

Sempre nel 1968 incide “Adagio”.

La sua carriera musicale va di pari passo con il suo ruolo di sensibilizzatore su alcuni temi importanti a livello sociale.

L’attenzione verso lo sfruttamento dei lavoratori immigrati, trattata in “Griechischer wein”; un attacco al bigottismo borghese che permetteva ancora il matrimonio senza validità legale, in “Ein ehrenwertes haus”; fino a diventare frequente il suo pensiero negli anni ottanta, parlando di corsa agli armamenti, razzismo, violenza contro i minori, questioni ambientali, i problemi derivanti dalle dipendenze e la decadenza sociale.

In questi anni, da Ateo dichiarato, si lascia andare a forti critiche verso la chiesta cattolica e il Papa, tanto da essere messo all’indice dalle TV e Radio bavaresi per il brano “Gehet hin und vermehret Euch” e l’album, in cui è contenuto “Das Blaue Album”, che rappresenterà il suo ultimo piazzamento in top20 per un po’ di anni, e in cui è presente anche un brano in cui parla del Muro di Berlino.

Grazie alla sua attenzione verso i temi sociali, ottenne anche un riconoscimento internazionale, oltre a vedere i suoi brani caricati di ulteriori significati ed enfasi da altri interpreti.

Una tournée di 200 date

Agli inizi degli anni settanta intraprende una tournée di 200 date che gli fa attraversare tutta Europa, giungendo anche in Giappone, dove ha pubblicato i suoi brani registrati nella lingua locale, e in Australia.

Nel 1977 avviene un incontro molto importante per lui, con Freddy Burger, importante impresario svizzero, che ne prende in carico la gestione artistica fino alla morte del cantante austriaco, ottenendo da subito uno strepitoso successo col primo brano registrato dopo l’inizio della collaborazione, “Buenos días in Argentina”, con la nazionale tedesca di calcio, che lo portò a diventare uno dei più apprezzati interpreti stranieri nel paese sudamericano, oltre a vincere un Grammy come miglior brano country.

Il declino e la risalita

Gli anni novanta vedono un declino della sua popolarità e gli album pubblicati in quel periodo ottengono riscontri deludenti, nonostante la promozione in trasmissioni televisive e radiofoniche nazionali.

Ma questa fase calante dura poco, dato che nel 1999 torna inaspettatamente in top20 in Germania e Austria e nei primi anni 2000, dopo 50 anni di carriera, torna anche ad ottenere certificazioni per le vendite dei suoi nuovi album, tanto che il suo ultimo album in studio, pubblicato nel febbraio del 2014, arriva al primo posto in Germania e in Austria dopo la morte del cantante avvenuta a dicembre dello stesso anno.

Inoltre, dopo una lotta legata all’eredità artistica di Udo Jürgens, nel 2022 i suoi figli pubblicano una raccolta postuma per raccontare la sua vita attraverso le sue canzoni, che raggiunge il primo posto in Germania il 24 dicembre 2022 e in Austria il 3 gennaio 2023.

Un concept album con 61 titoli che conquista il primo posto nella classifiche tedesche e austriache, facendogli conquistare un importante record: è presente nelle classifiche di vendita in otto decenni differenti, tra il 1957 e il 2023 compreso.

Udo Jürgens è considerato uno dei più importanti intrattenitori, non solo cantanti quindi, di lingua tedesca del XX secolo, influenzando anche i primi anni del XXI secolo.

Ha scritto oltre mille canzoni, pubblicato 50 album in studio, senza contare raccolte o live, venduto oltre 105 milioni di dischi, piazzato 61 dei suoi album in classifica, in mezzo mondo.

Il suo ampio lavoro comprende anche numerose composizioni sinfoniche, alcune delle quali registrate dalla Filarmonica di Berlino, ma anche inni calcistici, come quelli per la nazionale tedesca ai mondiali del 1978 e del 1990 e della nazionale austriaca nel 1998.

Non solo musica

La carriera di Udo però non è fatta di sola musica.

A parte aver trasformato lo Schlager grazie alle incursioni più puramente pop con le influenze da Chansonnier francese, si è dedicato anche al Musical, come “Helden Helden” tratto da un’opera di George Bernard Shaw, nel 1972, che ebbe un grande successo e numerose repliche nel corso degli anni settanta.

Nel 2007 si mette nuovamente al lavoro e questa volta produce un lavoro molto simile all’operazione fatta con gli ABBA per “Mamma mia!”.

Infatti la nuova opera, “Ich war noch niemals in New York” è un racconto romanzato attraverso i titoli delle sue canzoni che raccontano una storia ben dialogata e coreografata, che ha avuto un ottimo successo nei paesi di lingua tedesca, contribuendo a farlo conoscere e apprezzare anche dalle nuove generazioni, che lo portano in classifica, nella top10, dopo 17 anni, portando anche gli album in studio successivi in alto.

All’attività di cantante e compositore, naturalmente si associa quella dal vivo, che lo ha sempre visto molto attivo (2024 concerti tenuti in tutto il mondo, l’ultimo dei quali il 7 dicembre 2014, 2 settimane prima che morisse, e a cui sarebbero seguite le ultime 23 date previste per febbraio/marzo 2015), anche se credo che vada menzionato soprattutto il concerto del 5 febbraio 1992, dopo oltre 10 anni del suo ultimo concerto, che lo vide esibirsi davanti a 220 mila spettatori, facendone il concerto di un artista tedesco di maggior successo di sempre.

Una piccola curiosità legata alla sua attività live può essere data dal fatto che quando tornava sul palco, per concedere il bis, lo faceva sempre in accappatoio bianco.

L’attore

Anche come attore si è dato da fare, apparendo in numerose pellicole cinematografiche in Germania, oltre che in Italia, oltre che in film per la TV o serie che lo vedono nel ruolo di sé stesso, senza contare le colonne sonore da lui composte.

Attività che lo portarono a vincere oltre 60 premi nazionali e non, ma anche titoli onorifici come la Croce al merito di I Classe dell’Ordine al Merito di Germania, la Gran Decorazione d’Onore in Oro dell’Ordine al Merito della Repubblica Austriaca o l’Ordine di Stato della Carinzia.

Fino ad ora abbiamo parlato della sua carriera, tralasciando nomi importanti, che però non sono stati fondamentali per la sua carriera, ma solo una conferma di ciò che era riuscito ad ottenere, mettendo in secondo piano la sua vita privata.

A parte la famiglia d’origine, importante per la sua formazione, anche la sua vita privata ha influenzato molto le sue scelte e le sue produzioni.

La famiglia

Nel 1964 Udo sposa l’ex modella, poi importante fotografa di moda, Erika Meier, conosciuta col nome artistico di Panja, da cui nascono John e Jenny, che hanno seguito le orme di suo padre nel mondo dello spettacolo.

John è diventato attore, molto attivo soprattutto nell’ambito delle soap opera, anche se negli anni ottanta è stato protagonista di alcune commedie cinematografiche, tra cui un film erotico girato quando aveva appena compiuto 20 anni.

All’attività di attore affianca quella di produttore musicale e DJ, col nome di John Munchen.

Jenny invece ha inciso un singolo con suo padre, nel 1984. Questa è stata la sua unica apparizione nel mondo della musica, mentre si concentra sull’attività di attrice, soprattutto teatrale, concedendosi poche volte allo schermo.

Oltre la famiglia

Il matrimonio con Panja finisce nel 1989, dopo che vennero a galla le sue tresche e i tradimenti, da cui nacque Sonja, nel 1966, che riconobbe in quel periodo e che rappresenta la protagonista di un aneddoto curioso.

Infatti nel 2006 fu trattenuto dalla sicurezza aeroportuale a New York, dove Sonja vive, perché il suo visto per l’ingresso negli USA era scaduto, poiché era partito col passaporto svizzero e non con quello austriaco che non avrebbe avuto bisogno di visto.

Fu rilasciato dopo qualche ora in cui fu trattato da criminale, tanto che dichiarò che non si sarebbe più recato negli Stati Uniti.

Dopo la fine del loro matrimonio ebbe un’altra figlia, non riconosciuta, Gloria Burda, nel 1994.

La biografia

Nel 1997 va a vivere con Corinna Reinhold, che sposa nel 1999, ma da cui divorzia nel 2006, quando ufficializza la storia con la giornalista Michaela Moritz, con cui aveva già da qualche anno una relazione parallela, quantomeno da quando scrissero insieme la biografia di Udo Jürgens, nel 2004, che fu tradotta in un film per la TV in due episodi raccontando un po’ di storia d’Europa, partendo dai nonni, la prima guerra mondiale, la seconda, fino agli inizi della sua carriera.

“Der mann mit dem fagott” fu un successo letterario alla pubblicazione nel 2004 e televisivo nel 2011.

Facendo un passo indietro lo vediamo trasferirsi in Svizzera, a Zurigo, nel 1977, dopo aver accumulato debiti fiscali sia in Germania che in Austria, tanto che l’opinione pubblica, condizionata dai media, lo ritennero un evasore fiscale, per quanto i debiti fossero stati saldati dal suo conto milionario in una banca di Monaco di Baviera.

Dopo anni di residenza svizzera, chiese, ed ottenne, di diventare cittadino elvetico, pur mantenendo la la cittadinanza austriaca.

Fu durante la vita a Zurigo che decise di cambiare legalmente il suo nome in quello che tutti conosciamo, fino a riuscirci nel 2010.

La morte

Morirà colpito da un infarto il 21 dicembre 2014, e curiosamente aveva previsto questo evento: in “Am ufer” del 2011 dice “Su una costa del tempo c’è fibrillazione nell’aria e con assoluta sconfinatezza sento come la vita mi chiama”.

Ma non vogliamo salutarlo pensando a come ci abbia lasciato, ma al grande amore che aveva per la musica.

Infatti all’indomani della seconda vittoria austriaca all’Eurovision Song Contest, nel 2014, espresse il suo entusiasmo e il desiderio di esserci durante l’intervallo dell’evento che finalmente tornava a Vienna.

Purtroppo non riuscì ad arrivarci, ma gli organizzatori gli dedicarono una giornata all’Eurovision Village il 20 maggio e durante l’apertura della finale la violinista Lidia Baich eseguì un estratto di “Merci, cherie” sul palco.

Tale fu l’amore che il popolo austriaco aveva per lui che ben prima della sua morte gli fu intitolata una piazza a Villach, al confine con l’Alto Adige, per quanto poi sia stata ufficializzata solo nel 2019.

Guardiamolo mentre interpreta il brano che gli ha garantito la fama internazionale.

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