Un pari merito inaspettato
Oggi vediamo tutti l’Eurovision Song Contest come una macchina ben rodata che non accetta di uscire fuori dai binari e raramente permette deroghe ad un regolamento che, seppur in costante assestamento, è solido e definito da anni di continui miglioramenti.
Oggi ogni parte dello spettacolo ha le sue regole da rispettare, dagli aspetti tecnici a quelli legati alle esibizioni, dalla durata dei brani alla data di pubblicazione, passando anche per ciò che riguarda la classifica finale.
L’ultimo esempio di pari merito lo abbiamo avuto nel 2015 e faceva riferimento agli ultimi posti, eppure secondo regolamento, nonostante si trattasse di posizioni non determinanti per la vittoria, ma solo per le statistiche, uno dei due Paesi con lo stesso punteggio è risultato ultimo e l’altro penultimo.
Anche nei primi anni della manifestazione molti sono stati i pari merito, sempre in chiusura della classifica finale e, a volte, nelle posizioni centrali.
Ma nel 1969 è successo ciò che nemmeno gli organizzatori avrebbero mai ipotizzato, tanto che quando fu fatto notare all’EBU la risposta fu sprezzante. Ed eccoci quindi a parlare dello stesso anno per ben 4 volte, di cui questa è la prima.
Che vuol dire questo? Semplice: nel 1969 c’è stato un pari merito, in testa alla classifica, con ben 4 Paesi a dividersi la pizza più alta del podio, con conseguente imbarazzo durante la premiazione, poiché non c’erano abbastanza medaglie, e quindi gli autori le hanno ricevute successivamente a domicilio, mentre sul palco sono state consegnate solo a chi ha interpretato i brani vincitori.
Diciotto vincitori
Un altro elemento simpatico è che con questa vittoria quadrupla, abbiamo 18 interpreti a poter dire di aver vinto, di cui 3 soli uomini solisti e una coppia composta da un uomo, che però aveva solo il ruolo di chitarrista, e una donna che a tutti gli effetti si è goduta di più i riflettori.
Poi le donne vincitrici per le prime 14 edizioni della manifestazione sono 14.
Andremo a conoscerle tutte e quattro nel corso delle prossime settimane, per evitare di dimenticare qualcosa che possa riguardarle, al fine di non dilungarci troppo se ne parlassimo in una volta sola.
Le conosceremo andando in ordine alfabetico, che putacaso è anche l’ordine alfabetico del Paese per cui hanno conquistato la vittoria.
Frida Boccara
Cominciamo con la rappresentante francese, Frida Boccara, che a Madrid ha interpretato “Un jour, un enfant”.
Un nome di peso che ha tanti legami con l’Italia e con il Paese che è stato teatro di questo suo trionfo. Ma, come sempre, andiamo con ordine.
Nonostante il nome completo sia Danielle Frida Hélène Boccara, che lascia presumere le radici francesi, ha origini degne di un’artista cosmopolita, tanto che lei stessa affermava spesso che, pur sentendosi francese, era marocchina per tradizione ed ebrea per religione.
Nata a fine ottobre 1940 a Casablanca, in Marocco, da genitori livornesi di religione ebraica, che fino a pochi mesi prima della sua nascita erano stanziati in Tunisia, ma con influenze familiari in Afghanistan e Uzbekistan, da cui sembra avere origine il suo cognome, Frida cresce in una famiglia in cui si respirava musica tanto che, oltre lei che ottenne una carriera piena di successi, anche il fratello Roger, conosciuto col nome d’arte di Jean-Michel Braque, e la sorella Lina sono affermati musicisti e accademici in ambito musicale, anche se Jean-Michel si fa strada anche nel teatro musicale e Lina si specializza in pianoforte, e mette a punto un metodo didattico, ancora oggi molto apprezzato, per l’approccio allo studio del pianoforte da parte dei bambini.
Oltre a loro, Frida aveva anche un’altra sorella più piccola.
Ma anche l’ambiente familiare più ampio vede artisti come la zia (Frida anche lei) vincitrice di numerosi premi per la pittura.
L’incontro con Buck Ram
Era ancora un’adolescente quando partecipa ad un concerto dei The Platters a Casablanca e ha modo di parlare con Buck Ram, manager del gruppo americano, che rimase piacevolmente colpito dal talento della giovane cantante, nonché dalla sua voglia di emergere.
Lui le chiese di inviargli un nastro con dei brani interpretati da lei su nastro magnetico, per permettergli di proporla alla casa discografica e, dopo aver ricevuto i nastri, le chiese di raggiungerlo a Parigi, sicuramente più indicata per lanciare la carriera di una giovane donna, rispetto ad un Paese ancora chiuso sotto alcuni aspetti.
Dalla sua poteva contare su una voce che, successivamente, fu definita come un violino nelle mani di un esperto musicista, sensuale, calda ed esclusiva.
L’arrivo a Parigi
Frida però tergiversa un po’ e quando a 17 anni decide di partire, in compagnia dei suoi fratelli, alla volta di Parigi è troppo tardi per salire su quel treno che l’ha aspettata, anche se non troppo.
Non si lascia abbattere e decide di iscriversi ad una scuola di musica per artisti emergenti, che poi avrà la denominazione ufficiale di Piccolo Conservatorio della Canzone, che le permette di iniziare numerose e importantissime collaborazioni, come quella con celeberrimo pianista jazz Léo Chauliac, con cui inciderà il primo brano nel 1960, dopo un debutto sottotono con suo fratello e un collega del conservatorio, in un trio che le permise di fare le prime esperienze.
Il primo successo arriva qualche mese dopo, quando con “Cherbourg avait raison” resta per 6 mesi nelle classifiche francesi, contendendosi il primato con Aznavour o Bécaud.
Capisce presto che può puntare ad una notorietà più estesa e partecipa a numerosi festival musicali anche in altri paesi europei, come il festival della canzone mediterranea a Barcellona, che la vede protagonista per due volte, o il festival della canzone di Palma di Maiorca, che la vede vincitrice della prima edizione.
Grazie a queste fortunate esperienze, la sua carriera in Spagna esplode rendendola una delle più amate cantanti nel paese iberico, venendo contesa da tutte le emittenti televisive e radiofoniche a copertura nazionale.
Ma non si limita a farsi conoscere dal pubblico spagnolo.
Sanremo 1964
Già nel 1964 è finalista al festival di Sopot, in Polonia, e partecipa al festival di Sanremo con “L’ultimo tram (a mezzanotte)”, dove però, pur affiancata a Milva, non raggiunge la serata finale, oltre che vincitrice a Palma di Maiorca e a Antibes in Provenza.
Inoltre dimostra già il suo interesse verso la manifestazione continentale tentando per la prima volta la strada della selezione nazionale francese con “Autrefois”, ignorata dagli organizzatori. Nel frattempo completa gli studi in Filologia Classica a La Sorbona.
Esplode a livello internazionale nel 1968 con “Cent mille chansons” grazie al cui successo convince una giuria di esperti a selezionarla internamente, tra 108 proposte ricevute, per prendere parte alla quattordicesima edizione dell’Eurovision Song Contest che si tenne il 29 marzo del 1969 a Madrid.
Eurovision Song Contest 1969
Per quanto sia stato condiviso, quello di Frida Boccara è un trionfo che le apre definitivamente le strade di una carriera anche fuori dai confini europei.
Il processo di selezione non è stato così in discesa come si potrebbe pensare, dato che tra i nomi presi in esame c’erano addirittura quello di Dalida, Mireille Mathieu o Rika Zaraï.
Come abbiamo detto, si tratta di una vittoria condivisa per “Un jour, un enfant” (che in italiano viene incisa come “Canzone di un amore perduto”), con Lenny Kuhr, Lulu e Salomé, che pone le basi verso una trasformazione dell’evento stesso.
Intanto perché non avevano preso in considerazione l’idea che potesse esserci un pareggio nelle posizioni più alte, cosa invece avvenuta sin dalla seconda edizione (la prima non ha una classifica, nemmeno ufficiosa) nelle posizioni centrali o di rincalzo.
Una situazione decisamente imbarazzante a livello organizzativo per uno degli eventi che si stava già affermando come tra i più importanti al mondo.
L’assenza di un preciso regolamento

Non esisteva un regolamento per una situazione così prevedibile, né tanto meno la flessibilità di ipotizzare scenari simili, e furono per questo dichiarate vincitrici le quattro interpreti che avevano ottenuto 18 punti, con tanto di problematica legata alla premiazione, dato che non c’erano abbastanza medaglie da consegnare sia alle interpreti che a tutti gli autori, portando quindi a premiare in diretta solo le cantanti e solo successivamente a consegnare a domicilio le medaglie anche agli autori.
Però, se allora ci fossero state le attuali regole per lo spareggio, ad essere dichiarata come unica vincitrice sarebbe stata proprio Frida Boccara avendo ricevuto voti da un numero più alto di paesi, ben 9, oltre ad aver ricevuto il punteggio massimo da due di loro, mentre le altre tre vincitrici hanno potuto contare solo su un punteggio massimo.
Infatti, dopo questa vittoria, riesce a prendere parte a importanti manifestazioni musicali anche a Rio de Janeiro, nel 1969 (da lei definito il suo ricordo professionale più bello), a Tokyo nel 1970 o ancora in Messico nel 1971, senza tenersi lontana dai festival europei, anche meno rinomati.
Forse è proprio grazie a queste esperienze che ha potuto mantenere la propria fama anche negli anni a seguire, restando salda nel cuore del pubblico che continua a vederla come ai suoi esordi, pur senza aver ottenuto altri exploit e, soprattutto, avendo deciso di intraprendere una carriera più di nicchia, ma che la porta a calcare i più importanti teatri del mondo.
Dopo la vittoria, pur continuando ad incidere, è protagonista di un lungo tour mondiale che la porta in oltre 50 paesi per circa 4 anni quasi ininterrotti, tranne durante i festival.
Il classical pop
Infatti è tra le promotrici del classical pop, che unisce brani classici alla canzone leggera, alcuni già inizialmente pensati per essere accompagnati dal canto, come per alcune composizioni di Bach, Rossini, Brahms, Guastavino, Elgar o Villa-Lobos, mentre altre composizioni classiche sono state adattate per poter essere accompagnate dalla sua voce, e ne sono bellissimi esempi gli adattamenti di brani di Vivaldi, Telemann, Grieg, Smetana, Mozart, Beethoven, Corelli, Granados o G.F. Händel, che non sono certamente nomi minori.
Nonostante questa fosse la sua dimensione musicale prediletta, Frida Boccara si è misurata con disinvoltura e successo anche con stili molto differenti, spaziando dal jazz alla commedia musicale, dal folklore alla musica da film.
Tra i paesi in cui ha maggiormente consolidato il suo successo ce ne sono alcuni molto diversi tra loro per indole e cultura, come il Canada, l’Australia, la Russia o l’intero Sud America.
Ma a contribuire al suo successo è sicuramente anche la sua capacità di scegliere i giusti collaboratori, dai parolieri, ai compositori (tra cui il nostro Nino Rota), senza escludere i suoi produttori, tra cui il fratello Jean-Michel.
Nel 1980 riceve uno dei più importanti riconoscimenti per un artista in Francia, venendo nominata Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere per aver contribuito a diffondere la cultura francese nel mondo, ma lei resta comunque legata alle sue origini e all’evento che le ha permesso di farsi conoscere a livello internazionale e così partecipa alla selezione nazionale per l’Eurovision del 1980, con “ Un enfant de France”, fermandosi però al quinto posto della gara.
Ci riprova nel 1981 con “Voilà comme je t’aime”, questa volta non arrivando nemmeno in finale.
Il ritiro dalle scene
A seguito di queste delusioni, e complici alcuni dischi di scarso successo a cavallo tra gli anni 70 e 80, decide di ritirarsi a vita privata, senza più partecipare ad eventi televisivi o live, nemmeno celebrativi, senza far trapelare nulla, fino a poco prima della sua morte, a parte una parentesi nel 1988 ma limitata al Canada, dove tra l’altro tornò al numero 1 in classifica.
Uno dei suoi più grandi successi, scritto da lei con sua sorella e suo fratello, è dedicata a suo figlio Tristan, nato a metà degli anni settanta, senza che lei abbia mai dichiarato chi fosse il padre e che oggi è a sua volta un cantante col nome di Goldinski.
Questa parentesi verso suo figlio la porta alla proposta da parte di UNICEF di diventare sua ambasciatrice, proposta accettata con entusiasmo, portandola ad incidere in 13 lingue diverse, in particolare in francese, inglese, spagnolo, italiano, tedesco e russo, senza dimenticare che parlava fluentemente anche portoghese, arabo ed ebraico.
La religione
Uno dei suoi elementi caratterizzanti, soprattutto per le esibizioni pubbliche e durante i tour, è stata la stretta osservanza delle sue consuetudini religiose, mai messe da parte nemmeno durante il periodo di maggior successo.
Dopo la sua morte, avvenuta il 1° agosto del 1996 per un’infezione polmonare, e salutata dall’allora ministro della cultura come un’autentica cantante popolare che ha saputo portare la canzone francese su tutti i palcoscenici del mondo, numerose sono state le compilation postume e le celebrazioni anche da parte di alcune stelle come Céline Dion o Agnetha degli ABBA.
Prima abbiamo citato il suo entusiasmo per essere stata scelta come ambasciatrice dall’UNICEF, ma non è certo una sorpresa che si sia dedicata a questo durante la sua vita.
Già da subito si è dimostrata molto rispettosa delle opinioni di tutti, pur se opposte alle sue, preoccupandosi presto delle questioni umanitarie, presenziando in 85 paesi per difendere i diritti del bambino, dove questi erano più a rischio.
La vita privata
Della sua vita privata non si sa molto, a parte un amore per l’arte e la musica, che la portava a chiudere le finestre di casa, quando aveva ancora pochi anni, per poter cantare senza disturbare i vicini, o la sua fervente spiritualità che l’ha sempre vista legata alla sua religione e ai suoi precetti.
Dalla religione ha appreso tutto il buono possibile, come l’amore per il prossimo che la porta attivamente ovunque ci fosse bisogno di ribadire questo insegnamento basilare dell’essere umani, concetti condivisi anche dalle altre religioni monoteistiche, che l’hanno apprezzata senza distinzioni, tanto che fu premiata anche dal Vaticano in una delle sue esibizioni davanti al Papa.
A questo possiamo aggiungere qualche aneddoto simpatico, come quando, prima del suo exploit internazionale, quando però si stava già facendo apprezzare anche in territorio sovietico, dove vendette milioni di copie, si trovava lì in tour ed ebbe la possibilità di incontrare il cosmonauta Alexei Arkhipovich, primo uomo a fare una passeggiata spaziale, che si dichiarò suo fan, regalandole una balalaika e che, quando seppe che la stima era ricambiata, la firmò regalandole anche un suo autografo.
Un altro elemento della sua personalità, deducibile dalle sue esperienze, è stata la sua libertà e indipendenza individuale.
Libertà e indipendenza
È sempre stata una donna libera, non ha mai desiderato unirsi a nessun uomo, infatti non è mai esistito un gossip che la voleva vicina ad un ragazzo piuttosto che ad un altro, eppure ha desiderato diventare madre.
Non sappiamo se il suo essere una madre single sia frutto di una scelta ponderata o se sia stato il risultato di una relazione poi naufragata, ma di fatto resta un figlio a cui ha donato il suo amore e che l’ha amata tanto da voler seguire le sue orme.
Una carriera lunga quasi un trentennio, 30 album di inediti e 20 raccolte, di cui 15 postume, milioni di copie vendute, riconoscimenti in decine di paesi, attestazioni d’affetto e stima anche dal mondo politico, religioso e sociale.
Sicuramente un’artista che ha saputo lasciare il segno. Ascoltiamola durante l’esibizione che l’ha portata alla vittoria.
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